la locuzione “welfare dei diritti” o “welfare di cittadinanza” (spesso associate a quella di “welfare delle opportunità”) è usata nel gergo degli operatori dei servizi per esprimere e sollecitare obiettivi di politica sociale che vadano in quella direzione. la troverà nei convegni, nei piani di zona, nei dibattiti, in alcune dispense universitarie, nel linguaggio della politica italiana.
tuttavia non esiste una definizione accreditata da quegli autori che sono ritenuti classici.
Questo avviene perchè le situazioni di “welfare state” del mondo sono tutte “duali”: cioè basate: a) sulla tutela dei lavoratori (e finanziati tramite contributi sociali) e b) su diritti di cittadinanza (finanziati dalle tasse, come il nostro servizio sanitario nazionale)
questo non vuol dire che non è opportuno usare quel termine. Anzi nei progetti, nei piani negli articoli è bene usarlo, soprattutto quando i servizi alla persona e alla cominità mirano ad definire e rendere operativi i cosiddetti “livelli essenziali di assistenza”.
solo che, storicamente, è un obiettivo e non una realtà. E purtroppo l’attuale crisi economica allontana sempre di più quell’obiettivo. O meglio lo rende possibile con mezzi che non sono più solo quelli delle politiche sociali che si sono espresse nel decenni precedenti.
Troverà a questo link una mia scheda contenente le varie definizioni “autorali” di welfare state:
e qui troverà una buon rapporto analitico ed in divenire sull’argomento:
spero di esserle stato di aiuto.
cordiali saluti
paolo ferrario
8 ottobre 2012