Il ministro del Welfare, Sacconi, riteneva che la spesa pubblica per il sociale fosse eccessiva e corrosa da innumerevoli sprechi. Non intendeva, dunque, rafforzare i sostegni pubblici esistenti bensì ridurli, consolidando quel welfare privatistico – invero già dominante in Italia – basato sulle famiglie che si prendono cura dei propri cari e sulla beneficenza privata. Tale posizione, argomentata con toni veementi e senza alcun dato empirico a sostegno, si è tradotta in varie azioni. La principale consiste nel drastico taglio dei fondi statali per le politiche sociali, passati da 2.526 milioni (2008) a 200 milioni (2013), con un calo pari al 92%. La continuità montiana. Il governo Berlusconi parlava spesso di politiche sociali per sottolineare la necessità di ridurle mentre l’attuale Esecutivo non ne parla (quasi) mai. Se, dunque, nella comunicazione pubblica c’è differenza tra le due compagini, nelle scelte si registra continuità: Monti ha fatto proprie quelle del predecessore. Ha confermato, innanzitutto, i tagli ai fondi per le politiche sociali, che – nati nel 2000 con lo scopo di costituire l’architrave statale a sostegno dei servizi sociali forniti dai Comuni – dal prossimo di Cristiano Gori – Il Sole 24 Ore – leggi su http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-10-22/politiche-sociali-piatto-piange-074705.shtml?uuid=AbsAaWvG
