ALZHEIMER E CINEMA. TRE FILM PER SVILUPPARE RESILIENZA
Entrare in una sala cinematografica e lasciarsi immergere nel silenzio che scende quando le luci si spengono, mentre lo sguardo viene catturato dalle prime immagini in movimento e la potenza musicale avvolge l’udito, equivale ad entrare in un’altra dimensione.
In questo “andare altrove” offerto dal tempo della durata del film accadono delle cose: a fronte di esperienze artificiali (suoni, inquadrature, immagini, colori pensati e scelti dal regista) le immagini ci formano e ci trasformano perché esplorano, con storie verosimili e personaggi realistici, la totalità dell’esperienza del vivente e della sua perenne ricerca del senso della vita.
Il film, dunque, non è solo visione di sequenze di fotogrammi, ma diretta esperienza del rapporto esistente tra la nostra storia personale e la storia che ci viene raccontata.
La proiezione sullo schermo incarna così la nostra stessa identità, suscita emozioni, produce reazioni, crea collegamenti tra immaginario e reale.
La fusione che avviene tra realtà dello spettatore e realtà filmica, può influenzare il modo di pensare e di sentire dello spettatore, inducendo anche all’adozione di nuovi modelli comportamentali e riformulazione dei propri schemi mentali.
[ …] Il cinema ha attinto ampiamente praticamente da tutti gli aspetti possibili dell’esistenza. Non poteva quindi mancare l’appuntamento con la drammaticità della demenza, tema su cui la macchina narrativa sta producendo da anni parecchie opere.
Ho scelto questi tre film perché, a mio giudizio, possiedono notevole impatto emotivo e carattere formativo nel presentare personaggi e vicende assai simili, per concretezza e talvolta crudezza, alle situazioni relative alla cura e gestione del malato.
In talune scene poetiche non si scade mai nel sentimentalismo: il dolore rimane dolore, la perdita rimane perdita, ma le tre pellicole insegnano come l’eroe di turno possa acquisire la piena consapevolezza di che cos’è la sua vita e accettare la necessità del cambiamento, subendo quindi una positiva trasformazione.
La strada per Galveston (p. 157-164) presenta il prendersi cura del malato all’interno del domicilio.
Lontano da lei (p. 165-170) testimonia la complicata e tormentata decisione di delegare il processo di cura all’istituzione.
Una sconfinata giovinezza (p. 171-178) vive la storia d’amore di una coppia in balia dei ritorni di un passato che invalidano quelli del presente.
Il proponimento è, dopo la visione, staccarsi dall’influsso delle immagini in movimento per cercare le tracce affini alle storie degli spettatori, stimolandoli a uscire dal proprio nascondiglio e rivelare le assonanze scoperte con la loro storia attuale. Terminata l’oscillazione tra finzione e realtà, l’ancoraggio al gruppo per iniziare a raccontarsi ancora una volta produce scambio, crescita e sviluppo personale. Può essere la semplice verbalizzazione del ritorno sulle scene appena viste oppure un lavoro più accurato di scrittura per confrontare le prove affrontate sullo schermo con i propri comportamenti [… ]
L’ha ribloggato su POLITICHE SOCIALI e SERVIZI.
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