lavoro come assistente sociale in un Servizio Tutela Minori … Voglio parlarti dell’emotività del mio lavoro” , di F., dalla pagina facebook di Selvaggia Lucarelli

Selvaggia Lucarelli

Oggi sul Fatto ho interamente dedicato la mia rubrica delle lettere a una sola, lunga lettera. Mi sembrava importante perché tra le vittime degli “abusologi” non ci sono solo bambini e genitori, ma anche chi lavora onestamente tra psicologi e persone che lavorano nel settore degli affidi. Persone che, come leggerete, spesso sono appassionate, oneste, meravigliose.

Ciao Selvaggia,
lavoro come assistente sociale in un Servizio Tutela Minori.

Ti scrivo perchè sono giorni che sento un groviglio nello stomaco per la vicenda di Bibbiano.
Ci sono delle ipotesi di reato (gravissime), sono in corso delle indagini e, se confermeranno le imputazioni, spero che queste persone paghino per quello che hanno fatto.

Ma questa vicenda, emotivamente forte, ha scatenato opinioni, accuse, dichiarazioni da chiunque, scatenando una reazione a catena che coinvolge l’interno mondo dei Servizi Sociali e mette sotto accusa la mia professione.

Non voglio spiegarti il funzionamento dei Servizi, ruolo e mansioni delle diverse istituzioni. 
Non voglio nemmeno dirti quanti pochi giudici ci sono nei tribunali minorili rispetto alla reale necessità.
Non ti racconterò con che misere risorse economiche e professionali lavoriamo.

Voglio parlarti dell’emotività del mio lavoro. Di quel doloroso groviglio che sempre mi accompagna nella mia meravigliosa professione, che sento ancor più ingarbugliato in questi giorni.

Una (piccolissima) parte della mia professione è anche quella di “portare via i bambini dalle loro famiglia” o, parlando in termini tecnici, “a provvedere al loro collocamento in idonea struttura”. 
Pensa, lo dico con orgoglio.
Perché ciò avviene in situazioni di grave emergenza e pericolo o in situazioni in cui, nonostante numerosi aiuti messi in atto per sostenere i genitori e aiutarli a risolvere gravi problematiche che ricadono sui figli, le dinamiche pregiudizievoli nel tempo non si modificano.
È chiaro che, in questa fase, proteggere il prioritario interesse dei bambini e garantire che non si trovino in una situazione di grave pregiudizio, si scontra con il pensiero dei genitori che spesso non hanno consapevolezza dei propri problemi e, soprattutto, delle ricadute sui figli.

In 10 anni di lavoro ho visto tante cose. C’è stato quel padre che mi ha portato la figlia di 6 anni in ufficio, con i suoi vestiti e i suoi giochi ammucchiati in grandi sacchi neri della spazzatura. Non poteva più occuparsi di lei, perchè la nuova compagna non la accettava. L’ha lasciata lì, dimenticandosi che la piccola era già stata abbandonata anche dalla sua mamma.
Quella madre che ha rifiutato e combattuto per mesi ogni aiuto proposto dicendomi che “volevo portale via la figlia” per poi chiedermi, da un giorno all’altro, di trovarle una sistemazione a tempo pieno, poichè lei si trasferiva in un’altra cittá con il nuovo compagno e non poteva portarla con sè.
Quel padre (italiano) che dichiarava tranquillamente che è normale picchiare la moglie. E insegnava ai figli a usare la violenza con persone, animali e oggetti.
Quella che non ha creduto alla figlia, che accusava suo marito di averla molestata.
Quel padre che ha abusato della figlia della compagna, con sua figlia nel letto vicino.
Quella madre che, sotto l’effetto di sostanze, ha somministrato i suoi farmaci al figlio di 2 anni, mandandolo in ospedale.
Quel padre che ha provato più volte il suicidio, facendosi trovare dal figlio di 7 anni.
Potrei continuare.
Ci sono genitori che soffrono di malattie psichiatriche, che hanno problemi di dipendenza (alcool, droga, gioco), che sono violenti, abusatori, disinteressati totalmente alle più basilari esigenze dei loro figli. 
Esistono. 
Ci sono.
E sono esseri umani, che soffrono.

Gran parte del mio lavoro consiste nell’aiutarli a comprendere le loro fragilità e ad affrontarle. Ma se non lo fanno, è mia responsabilitá proporre ai giudici altre soluzioni, che talvolta possono rendere necessario un temporaneo allontanamento dei minori dalla famiglia d’origine. Questo perchè i bambini non possono aspettare i tempi dei genitori. 
L’allontanamento è un provvedimento che attiva un corposo lavoro di aiuto e sostegno alla famiglia d’origine: l’obiettivo è il rientro del minore nella sua famiglia.
È l’inizio di un progetto, non la fine.
Quando arriva un provvedimento di questo tipo, è anche per noi Servizi una sconfitta. Perchè significa che non siamo stati incisivi, che non siamo riusciti ad aiutarli.
Nè io nè le mie colleghe dormiamo, la notte prima dell’allontanamento. 
Pensiamo a quel bambino, a cosa proverà, a cosa penserá la notte dopo a dormire in un letto sconosciuto. 
Pensiamo molto anche ai genitori, al dolore che proveranno.
Pensiamo, infine, anche alla nostra incolumità, perchè minacce e aggressioni in quelle situazioni non mancano mai. 
Infine, voglio spendere due parole anche per parlare dell’affido. Chi è cosi follemente coraggioso da decidere di mettere a repentaglio il proprio equilibrio familiare per accogliere, per un pezzetto della sua vita, un bambino, percepisce un contributo economico. Contributo, la cui cifra non è stabilita a livello nazionale, ma che è lasciato al buonsenso (e al non-senso, talvolta) dei singoli territori.

Contributo che permette di coprire (forse) le spese, non certo arricchire queste famiglie. 
In questi anni di lavoro, dalle persone con incontrato, ho imparato tante cose; soprattutto che le sfumature sono importanti, perché niente è solo bianco o solo nero. 
È un lavoro faticoso, che ti mette alla prova. Che ti sfianca e ti sfinisce, a volte.
Ma terribilmente meraviglioso. 
Perchè non smetti di imparare dalle persone. 
Di stupirti, della vita e degli abissi. 
E delle infinite possibilità di riscatto che ognuno possiede, anche coloro su cui non avresti mai scommesso.
Francesca

Ti ho lasciato tutto lo spazio delle lettere perché la tua lettera, cara F., restituisce fiducia nel sistema degli affidi e in chi ci lavora. E un po’ anche nell’umanità in generale.
Grazie.

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