Il Futuro del Lavoro, articolo in ISPI | ESSAY, 30 settembre 2019

alcuni estratti del rapporto: 
Il dibattito sulla “fine del lavoro” inizia da lontano e si ripete ciclicamente. Di disoccupazione tecnologica, in particolare, hanno parlato quasi tutti gli economisti classici, da David Ricardo a Karl Marx a John Maynard Keynes, che nelle “Prospettive economiche per i nostri nipoti” prevedeva settimane lavorative di quindici ore. Oggi sono al lavoro non solo i nipoti, ma anche i bisnipoti di Keynes ed è difficile trovare qualcuno con settimane lavorative di così poche ore.
Quindi non dovremmo preoccuparci, o la rivoluzione tecnologica cambierà davvero tutto? Quali sono i lavori a rischio? Quali, invece, i nuovi lavori che si creeranno? Che impatto avranno questi cambiamenti sulle economie dei paesi e sulle relazioni internazionali?
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Numeri più precisi ci arrivano poi dal Bureau of Labor Statistics americano che nell’ultima proiezione al 2028 vede una crescita di 305mila lavoratori nel settore dell’assistenza sanitaria domestica e di 881mila nell’assistenza personale

Pensiamo alle occupazioni nei servizi alla persona, assistenza agli anziani, ai bambini, settori per i quali l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) stima una crescita globale di occupati di 269 milioni tra il 2015 e il 2030. Aumenteranno gli addetti ai servizi di sicurezza, alle pulizie, alla ristorazione.

Si tratta di lavori che non scompariranno nel futuro prossimo e che anzi aumenteranno a causa dei cambiamenti demografici e a causa della tecnologia stessa.

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Il Futuro del Lavoro – ISPI | ESSAY

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