“Non voglio crepare”.
Non mi aveva nemmeno salutato, Roberto, dopo l’annuncio della madre: “C’è la dottoressa”.
“Sappia che ho chiesto di lei e non del prete perchépreferisco una strizzacervelli alle panzane ridicole di chi sa solo blaterare di un essere supremo che ti mette alla prova. Peccato che io non voglia crepare. Non sono pronto. Come scrive un suo collega? ‘Essere di fronte alla morte è come cercare di fissare il sole’: ecco, io proprio non ci riesco”.
Mi avevano colpito il suo riferimento a Irvin Yalom e i numerosi libri che giacevano sul comodino, esplicitamente riferiti alla morte e al morire. Le sue parole inoltre rimbalzavano nella mia memoria riportando alla luce la stessa attonita rabbia dei versi di Boris Vian: “Crepare? “Non puoi, come faccio? (Come si fa?)”.
“Beh,
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