La Corte Costituzionale italiana ha recentemente emesso una sentenza riguardante la legge sull’autonomia differenziata, identificando specifiche disposizioni come incostituzionali, pur ritenendo non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge. Questo pronunciamento è stato il risultato di ricorsi presentati da diverse regioni, tra cui Puglia, Toscana, Sardegna e Campania.
Riepilogo della Sentenza
Aspetti Generali
- Non fondata l’intera legge: La Corte ha stabilito che la questione di costituzionalità dell’intera legge n. 86 del 2024 non è fondata[1][2].
- Disposizioni illegittime: Sono state dichiarate illegittime alcune specifiche disposizioni della legge, che devono essere riviste dal Parlamento per garantire il rispetto dei principi costituzionali[1][4].
Punti di Incostituzionalità
La Corte ha identificato sette punti chiave considerati incostituzionali:
- Devoluzione delle materie: La possibilità di trasferire materie tramite intese tra Stato e Regione deve essere giustificata e riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative[2][5].
- Determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep): È incostituzionale il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei Lep priva di idonei criteri direttivi, limitando così il ruolo del Parlamento[4][5].
- Uso del DPCM per i Lep: La previsione che un decreto del presidente del Consiglio possa determinare l’aggiornamento dei Lep è stata bocciata[1][3].
- Modifica delle aliquote tributarie: La possibilità di modificare le aliquote tributarie con decreto interministeriale è considerata problematica, poiché potrebbe premiare regioni inefficienti[5].
- Facoltatività del concorso a spese dello Stato: La facoltatività per le regioni di contribuire agli obiettivi di finanza pubblica è stata vista come un indebolimento dei vincoli di solidarietà tra le regioni[1][2].
Reazioni Politiche
La decisione ha suscitato reazioni contrastanti nel panorama politico italiano. Mentre l’opposizione ha accolto con favore la sentenza, interpretandola come una bocciatura della legge Calderoli, alcuni esponenti della maggioranza hanno minimizzato l’impatto, affermando che i rilievi possono essere facilmente superati dal Parlamento[3][4].
Prossimi Passi
La sentenza integrale sarà depositata entro metà dicembre, e la Corte rimane competente a valutare la costituzionalità delle singole leggi di differenziazione in futuro. Inoltre, ci sono incertezze riguardo alla legittimità dei referendum abrogativi sulla legge, che potrebbero essere influenzati dalle modifiche necessarie in seguito alla sentenza[2][3].
Citations:
[1] https://tg24.sky.it/cronaca/2024/11/14/autonomia-differenziata-consulta
[2] https://www.ilfoglio.it/politica/2024/11/14/news/ecco-i-sette-punti-incostituzionali-dell-autonomia-differenziata-7150925/
[3] https://www.fanpage.it/politica/ci-sara-ancora-il-referendum-sullautonomia-differenziata-dopo-la-decisione-della-corte-costituzionale/
[4] https://www.dirittodelrisparmio.it/2024/11/14/corte-costituzionale-lautonomia-differenziata-e-parzialmente-illegittima/
[5] https://www.avvenire.it/attualita/pagine/la-corte-costituzionale-boccia-l-autonomia-differenziata
[6] https://www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/CC_CS_20241114180612.pdf
[7] https://www.vocedellascuola.it/autonomia-differenziata-stop-della-corte-costituzionale-le-regioni-devono-contribuire-al-bilancio-dello-stato/
[8] https://www.rainews.it/articoli/2024/11/consulta-autonomia-tuteli-il-principio-di-sussidiarieta-9df08e2f-459e-4418-aeab-db4669df1569.html
Ufficio Comunicazione e Stampa della Corte costituzionale
Comunicato del 14 novembre 2024
LA CORTE COSTITUZIONALE HA DECISO LE QUESTIONI DI
COSTITUZIONALITÀ DELLA LEGGE SULL’AUTONOMIA
DIFFERENZIATA
In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio Comunicazione e stampa fa sapere che la Corte costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle regioni ordinarie (n. 86 del 2024), considerando invece illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo.
Secondo il Collegio, l’art. 116, terzo comma, della Costituzione (che disciplina
l’attribuzione alle regioni ordinarie di forme e condizioni particolari di autonomia)
deve essere interpretato nel contesto della forma di Stato italiana. Essa riconosce, insieme al ruolo fondamentale delle regioni e alla possibilità che esse ottengano forme particolari di autonomia, i principi dell’unità della Repubblica, della solidarietà tra le regioni, dell’eguaglianza e della garanzia dei diritti dei cittadini, dell’equilibrio di bilancio.
I Giudici ritengono che la distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo, in attuazione dell’art. 116, terzo comma, non debba corrispondere all’esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico, ma debba avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione. A tal fine, è il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni.
In questo quadro, l’autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare
l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini.
La Corte, nell’esaminare i ricorsi delle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e
Campania, le difese del Presidente del Consiglio dei ministri e gli atti di intervento ad opponendum delle Regioni Lombardia, Piemonte e Veneto, ha ravvisato l’incostituzionalità dei seguenti profili della legge: – la possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, laddove la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà; – il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (LEP) priva di idonei criteri direttivi, con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento; – la previsione che sia un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (dPCm) a determinare l’aggiornamento dei LEP; – il ricorso alla procedura prevista dalla legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio
per il 2023) per la determinazione dei LEP con dPCm, sino all’entrata in
vigore dei decreti legislativi previsti dalla stessa legge per definire i LEP; – la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della
compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le
funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e
l’andamento dello stesso gettito; in base a tale previsione, potrebbero essere
premiate proprio le regioni inefficienti, che – dopo aver ottenuto dallo Stato
le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite – non sono in grado
di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni; – la facoltatività, piuttosto che la doverosità, per le regioni destinatarie della
devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente
indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica; – l’estensione della legge n. 86 del 2024, e dunque dell’art. 116, terzo comma,
Cost. alle regioni a statuto speciale, che invece, per ottenere maggiori forme
di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti
speciali.
La Corte ha interpretato in modo costituzionalmente orientato altre previsioni della
legge: – l’iniziativa legislativa relativa alla legge di differenziazione non va intesa come
riservata unicamente al Governo; – la legge di differenziazione non è di mera approvazione dell’intesa (“prendere
o lasciare”) ma implica il potere di emendamento delle Camere; in tal caso
l’intesa potrà essere eventualmente rinegoziata; – la limitazione della necessità di predeterminare i LEP ad alcune materie
(distinzione tra “materie LEP” e “materie-no LEP”) va intesa nel senso che, se
il legislatore qualifica una materia come “no-LEP”, i relativi trasferimenti non
potranno riguardare funzioni che attengono a prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali; – l’individuazione, tramite compartecipazioni al gettito di tributi erariali, delle
risorse destinate alle funzioni trasferite dovrà avvenire non sulla base della
spesa storica, bensì prendendo a riferimento costi e fabbisogni standard e
criteri di efficienza, liberando risorse da mantenere in capo allo Stato per la
copertura delle spese che, nonostante la devoluzione, restano comunque a
carico dello stesso; – la clausola di invarianza finanziaria richiede – oltre a quanto precisato al punto
precedente – che, al momento della conclusione dell’intesa e
dell’individuazione delle relative risorse, si tenga conto del quadro generale
della finanza pubblica, degli andamenti del ciclo economico, del rispetto degli
obblighi eurounitari.
Spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua discrezionalità, colmare i vuoti
derivanti dall’accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle ricorrenti, nel
rispetto dei principi costituzionali, in modo da assicurare la piena funzionalità della
legge.
La Corte resta competente a vagliare la costituzionalità delle singole leggi di
differenziazione, qualora venissero censurate con ricorso in via principale da altre
regioni o in via incidentale.
Roma, 14 novembre 2024
