SOGGETTI, MODI E SEDI DI PARTECIPAZIONE NELLE POLITICHE DI WELFARE,  articolo di Luigi Colombini, 5 marzo 2025

SOGGETTI, MODI E SEDI DI PARTECIPAZIONE NELLE POLITICHE DI WELFARE,  di Luigi Colombini

Già docente di legislazione ed organizzazione dei servizi sociali –Università statale ROMA TRE – Corso DISSAIFE ed MASSIFE

Collaboratore del SUNAS – Redattore di ”OSSERVATORIO LEGISLATIVO SOCIO-SANITARIO SUNAS

  1. INTRODUZIONE STORICO-NORMATIVA

Nel complesso quadro del sistema e delle politiche di welfare nel nostro paese, è solo con la Costituzione della Repubblica, e quindi il passaggio dalla concezione di sudditi alla concezione di cittadini che si è avviato il riconoscimento della loro partecipazione alle scelte ed al modo di incidere in ordine allo svolgimento delle politiche socio-economiche portate avanti nel corso degli anni.

Occorre peraltro in via preliminare sottolineare che al ruolo della partecipazione hanno contribuito soprattutto le istanze, le pressioni e le lotte portate avanti dalle forze sindacali e sociali negli anni in cui si congetturava la politica delle riforme, attraverso il Progetto ’80 – riferito al Piano economico quinquennale 1966-1971 – nel quale contesto trovava ampio spazio la partecipazione dei cittadini e delle forze sociali, quale elemento fondamentale per garantire e consentire la realizzazione di quanto ivi progettato in merito alla realizzazione del “compiuto” sistema di sicurezza sociale, che, sulle indicazioni e sulla proposte delle Organizzazioni Sindacali, veniva inquadrato nella previdenza, della sanità e dell’assistenza.

Le istanze di partecipazione e di coinvolgimento dei cittadini, dei lavoratori, delle forze sociali, ebbero il loro sbocco sia in preziose esperienze maturate negli anni ’60 in varie realtà del paese (i Centri di servizi socio-sanitari, i Centri sociali per anziani, i Comitati di quartiere, ecc.) sia nel contestuale avvio delle Regioni negli anni ’70, che confermò il deciso orientamento ad individuare la partecipazione dei cittadini quale riferimento fondamentale; negli Statuti regionali fu pertanto dedicato in genere un intero capo alla partecipazione ed alle modalità di attuazione.

In relazione alle crescenti pressioni volte a rivendicare il ruolo dei cittadini ad essere essi stessi protagonisti e partecipi dello sviluppo del paese, nella stagione delle politiche delle riforme a livello di legislazione statale e di concreta realizzazione di una politica innovativa nel quadro della costruzione del sistema di welfare atto a superare i vetusti modelli di intervento, furono emanate le leggi sugli asili-nido, sui consultori familiari, sulle comunità montane, sulla riforma psichiatrica.

Tutte le suddette leggi hanno rappresentato il punto di arrivo di una lunga ed incessante azione condotta dalle forze sindacali, culturali e politiche più avanzate a dare concretezza ed attualità alla politica delle riforme.

La norma principale che si è proposta di riconoscere la partecipazione è stata la legge n. 833/78, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale: con la suddetta legge si è quindi superata la concezione verticistica e burocratica nella gestione della salute, e si è affermato il principio della partecipazione dei cittadini proprio sui nodi che qualificano lo svolgimento della azione amministrazione: la programmazione, l’organizzazione, la gestione e il controllo.

2.L’EVOLUZIONE DEL QUADRO DI RIFERIMENTO

L’esperienza consolidata e portata avanti negli anni ’80 intorno alla partecipazione ha condotto ad una “rivisitazione” dello stesso modo di considerarla.

Pertanto, è nell’arco di trenta anni che si è proceduto alla progressiva riconsiderazione del modo stesso di intendere la partecipazione e il proprio grado di incidenza e di reale capacità di essere protagonista nel dispiegarsi delle politiche sociali.

Si è passati infatti da un approccio indifferenziato, ad uno sforzo volto a meglio qualificare i titolati a partecipare: quindi il superamento dell’assemblearismo populistico e confuso onde pervenire ad una dimensione più agile e più credibile.

In tale contesto gli stessi soggetti titolati a partecipare hanno avuto una profonda evoluzione: allo stato attuale secondo un primo approccio non esaustivo delle varie istanze partecipative, vanno annoverati:

. i portatori di interesse (stakeholders),

-i sindacati dei lavoratori,

-i sindacati dei pensionati,

-il terzo settore rappresentato da volontariato, dall’associazionismo, dalla cooperazione sociale, dall’impresa sociale, dalle fondazioni,

-i consumatori,

– i rappresentanti di categorie specifiche (invalidi, persone diversamente abili, ecc.),

– i comitati per particolari problematiche, ecc.

E’ su tale scenario complesso ed articolato che si è quindi venuto a determinare un quadro di riferimento della partecipazione e dei soggetti interessati che è assolutamente stimolante e concretamente individuabile nelle specifiche aree in cui di articolano le istituzioni.

Nel contesto della attività svolta dalla Regioni per il rinnovo degli Statuti regionali, avviata dalle leggi costituzionali n. 1 e 2/99 e dalla n. 3/01, si è determinato un deciso orientamento sia a confermare la partecipazione, sia a considerare la concertazione quale strumento obbligatorio di confronto con la comunità regionale e le sue espressioni organizzate, per la determinazione delle politiche di programmazione e di politiche sociali in genere.

Si richiama a tale riguardo anche la L.R. n. 69/07 della Regione Toscana , recante “Norme sulla promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali” che oltre a confermare quanto già indicato nello Statuto, ha disposto specifiche norme per il riconoscimento sul piano giuridico dei modi e delle sedi della partecipazione..

Pertanto con il presente saggio si indica il percorso che nel corso di venti anni è stato portato avanti nelle sedi più strategiche in cui si svolge la partecipazione.

3.LA PARTECIPAZIONE NEGLI ENTI LOCALI

I primi orientamenti volti a qualificare i soggetti titolati alla partecipazione sono stati individuati nella legge di riforma delle autonomie locali (legge n. 142/90) e la legge n. 241/90 sulla trasparenza nel procedimento amministrativo.

La legge 142/90 in particolare (successivamente riunita nel d. lgs. 267/00 “Testo Unico degli Enti locali” –TUEL), facendo proprie le esperienze già svolte dai Comuni negli anni precedenti e di quanto prospettato nella legislazione regionale, ha dedicato alla partecipazione una notevole attenzione e rappresenta la conclusione di un lungo processo di adeguamento della legislazione statale alle esigenze ed alle istanze di autonomia, di autogoverno e di rappresentazione degli interessi delle collettività locali.

Le finalità della legge sono quelle, fra l’altro, di costruire un “sistema” di garanzie atte ad assicurare le più adeguate modalità di promozione e di esercizio della partecipazione.

Per restare nel campo della partecipazione le finalità perseguite sono le seguenti:

  • promozione della collaborazione dei cittadini, singoli o associati, con le istituzioni;

  • tutela dei diritti dei cittadini;

  • tutela degli interessi legittimi e degli interessi diffusi;

  • garanzia della trasparenza dell’attività amministrativa svolta dagli enti locali, anche in relazione a quanto previsto dalla legge 241/909;

  • garanzia del “diritto di accesso” dei cittadini e delle associazioni alle attività dell’amministrazione locale;

  • garanzia del buon fine della funzione propositiva espressa attraverso le istanze, le petizioni, le proposte.

Tale quadro di riferimento, pertanto, è assolutamente innovativo ed incisivo, e porta al superamento da una situazione che, specialmente negli Enti locali, era caratterizzata da discrezionalità e da buona disponibilità e facoltà degli stessi di tenere conto delle proposte e delle iniziative portate avanti dai cittadini e dalle associazioni, che molto spesso si esaurivano in una scarsa possibilità di successo.

Con la suddetta legge, quindi, la partecipazione adeguatamente qualificata e titolata, diviene un diritto riconosciuto e tutelato anche sul piano giuridico.

Il riferimento giuridico fondamentale per la individuazione di adeguate forme di partecipazione di collaborazione dei cittadini e delle associazioni con l’Ente locale è rappresentato dallo Statuto comunale, che rappresenta la “carta costituzionale locale” che tutti i cittadini (e quindi gli stessi amministratori locali) debbono osservare nello svolgimento dell’attività dell’ente locale.

In proposito è bene richiamare il collegamento fondamentale tra lo Statuto e la garanzia di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione così come disposto dall’art 97 della Costituzione.

Gli aspetti più significativi relativi alla partecipazione dei cittadini singoli o associati a livello di ente locale sono i seguenti:

1) Il rapporto con le istituzioni

Il. lgs. 267/00, riprendendo il testo della legge n. 142/00 si sofferma all’art. 7 sul tema della partecipazione popolare:

I comuni valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione dei cittadini all’amministrazione locale. I rapporti di tali forme associative sono disciplinati dallo Statuto.

Da tale disposizione si ricava essenzialmente il duplice ruolo dell’Ente locale che da una parte valorizza ciò che ovviamente già esiste e che è autonomo rispetto al comune, e quindi non una sua promanazione, e dall’ altra promuove e quindi assume la piena e propria iniziativa nella costituzione degli organismi di partecipazione.

A tale riguardo è evidente il ruolo che può essere svolto dall’associazionismo nelle sue varie espressioni, quale forza sociale essenziale per lo sviluppo della comunità, e quindi rappresenta uno dei più importanti obiettivi da portare avanti in termini di sviluppo e di partecipazione democratica dei cittadini alla vita della comunità; a tale riguardo si sottolinea come in numerosi statuto comunali è prevista la costituzione di “consulte”, “comitati”, “forum”, intesi quale sede di consultazione e di confronto per lo svolgimento delle politiche sociali.

2) Le modalità di partecipazione e di confronto

L’art. 7, terzo comma, dispone altresì che nello Statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione e procedure per l’ammissione di istanze, petizioni o proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela degli interessi collettivi e devono essere determinate garanzie per il loro tempestivo esame.

3) Le modalità di partecipazione dei cittadini alla attività amministrativa del comune

Secondo quanto specificato sia dal TUEL 267/00 che dalla legge 241/00 sulla trasparenza amministrativa, i Comuni, attraverso lo Statuto debbono specificare i seguenti punti:

  • diritto di partecipazione dei singoli cittadini per atti incidenti su diritti soggettivi, interessi legittimi capaci di essere pregiudizievoli;

  • diritto di partecipazione delle associazioni, dei comitati che operano per la tutela degli interessi diffusi;

  • comunicazione personale ai soggetti interessati del procedimento amministrativo;

  • pubblicità idonea agli interessati in merito all’avvio del procedimento amministrativo;

  • modalità e termini per la presentazione di memorie scritte e documenti che l’Amministrazione è obbligata a valutare;

  • possibilità, in caso di contrasto, di forme di contraddittorio fra l’Amministrazione e tutti gli altri soggetti interessati;

  • possibilità di concludere accordi con gli interessati per definire il con tenuto del provvedimento, purché senza pregiudizio dei diritti dei terzi.

Si deduce da tale succinta illustrazione un quadro di garanzie e di tutele che sono riconosciute ai cittadini singoli o associati assolutamente validi ed incisivi, e quindi le potenzialità partecipative, specialmente in relazione all’attività propositiva, di controllo e di valutazione di notevole livello..

Si richiama altresì l’attenzione sul riferimento posto in molti Statuti sul ruolo dei Sindacati dei pensionati, individuati quali soggetti competenti e titolati a svolgere un ruolo propositivo e attivo intorno alla realizzazione dei servizi e degli interventi per gli anziani.

E’ comunque demandato al regolamento comunale il compito di individuare i criteri, i modi e le attività di promozione della partecipazione dei cittadini alla attività amministrativa del Comune.

Inoltre deve essere messo in evidenza il rapporto fra l’attività dell’Ente locale e il “lavoro sociale” (community work) di comunità, ossia la attenta programmazione, organizzazione e realizzazione di interventi volti a definire i bisogni e i problemi della collettività, a promuoverne la presa di coscienza e a sollecitarne la partecipazione , e a recepire le istanze e le richieste, e quindi mettere in atto le soluzioni più opportune.

In tale contesto la consultazione assume un ruolo di particolare importanza; essa stessa può essere promossa dal Comune, oppure scaturire da gruppi di cittadini o da associazioni che richiedono di essere consultati.

Per la promozione di interventi volti a garantire la migliore tutela degli interessi collettivi, è altresì prevista la possibilità di presentare, da parte dei cittadini singoli o associati istanze, operazioni proposte, come già accennato sopra.

Pertanto, nello Statuto comunale devono essere previste le modalità per la loro attuazione e quindi prevedere i seguenti aspetti:

* l’ufficio presso il quale le istanze, le petizioni e le proposte vanno presentate;

*l’organo a cui è rimesso il giudizio delle richieste di partecipazione;

* i termini entro cui l’organo deve prendere in esame l’istanza, la petizione, la proposta;

* l’obbligo di comunicare l’esito della istanza, della perizio e della proposta e le motivazioni in caso di non accoglimento.

4)Diritto di accesso all’informazione

Il TUEL 267/00, all’art. 10 dispone che “Tutti gli atti dell’amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di Legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l’esibizione, conformemente a quanto previsto dal regolamento”…

Il regolamento assicura ai cittadini il diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie di atti previo pagamento dei soli costi: individua, con norme di organizzazione degli uffici e dei servizi, i responsabili del procedimento; detta norme necessarie per assicurare Ai cittadini l’informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull’ ordine di esame delle domande , progetti e provvedimenti che comunque li riguardino; assicura il diritto dei cittadini di accedere, in generale , alle informazioni di cui è in possesso l’amministrazione.

Al fine di rendere effettiva la partecipazione dei cittadini all’attività dell’Amministrazione, gli Enti locali assicurano l’accesso alle strutture ed ai servizi agli enti, alle organizzazioni di volontariato ed alle associazioni.

Dall’analisi della suddetta disposizione risulta che lo Statuto ed il regolamento sono i cardini fondamentali sui quali poggia il diritto di accesso.

In particolare il regolamento deve stabilire le modalità del diritto di accesso dei cittadini in quanto singoli e in quanto associati agli atti amministrativi ed alle informazioni sull’attività dell’amministrazione ed individua i responsabili dei procedimenti, proprio per consentire una corretta modalità di rapporto con i cittadini.

L’informazione è l’altro aspetto fondamentale del diritto di accesso; collegato all’informazione è l’obbligo di garantire la massima trasparenza all’azione amministrativa; inoltre l’informazione consente all’amministrazione di coinvolgere e rendere partecipe il cittadino alla attività svolta e a responsabilizzarlo sulle scelte e sulle strategie che sono attuate per il perseguimento dell’attività.

Pertanto nello Statuto devono essere previste forme degli interessati secondo le modalità previste nello Statuto, nell’osservanza di quanto previsto dalla legge n,. 241/90.

4. LA PARTECIPAZIONE NELLA SANITA’

Quale presupposto irrinunciabile che sta a monte della partecipazione in ambito sanitario, deve essere ribadito che con il Servizio Sanitario Nazionale è stata affermata e definita la centralità del cittadino come punto di vista prioritario nella programmazione, gestione ed erogazione dei servizi sanitari, individuando nella prevenzione, cura e riabilitazione i percorsi fondamentali finalizzati a garantire la salute dei cittadini.

In coerenza con tale principio che si connette all’art. 32 della Costituzione ove il diritto la salute viene definito diritto fondamentale dell’individuo, le successive normative nazionali hanno sempre ribadito tale centralità valorizzando la partecipazione del cittadino al servizio sanitario, in base alle seguenti condizioni di partenza:

  • l’unitarietà della persona;

  • il diritto all’assistenza nelle varie fasi della vita;

  • la gratuità delle cure;

  • l’integrazione tra assistenza sanitaria e sociale.

Nel quadro di una analisi della normativa statale e regionale in ordine alle idee-forza che rappresentano il riferimento strategico per la realizzazione del Servizio sanitario nazionale nelle sue articolazioni regionali, gli aspetti che si ritiene siano i più importanti vanno annoverati:

– rispetto della dignità umana;

  • l’equità degli accessi ai servizi;

  • la qualità clinico-assistenziale;

  • l’appropriatezza delle prestazioni;

  • l’educazione alla salute intesa come la promozione di stili di vita e comportamenti ispirati alla prevenzione delle malattie;

  • lotta al consumismo farmacologico e sanitario;

  • la promozione di una domanda sanitaria appropriata in relazione agli effettivi bisogni di salute cui correlare e modulare l’offerta di prestazioni.

E’ pertanto su tale scenario che vanno comunque riconsiderate le modalità della partecipazione nella sanità.

Infatti a fronte di una esperienza di gestione della sanità così come portata avanti negli anni ’80, con il d. lgs. 502/92 si è posta mano ad una profonda revisione delle modalità di partecipazione dei cittadini in ordine al loro modo di collocarsi nel complesso sistema avviato con la legge n. 833/78 che si incentrava sul concetto delle Unità sanitarie locali, quali strumenti operativi dei comuni per la gestione della salute.

Le USL sono state sostituite dalle Aziende Sanitarie Locali, che sono da considerare enti pubblici dipendenti e strumentali della Regione, (il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 le annovera formalmente tra le pubbliche amministrazioni) che utilizzano, per quanto possibile, i mezzi e gli strumenti operativi dell’imprenditore privato al fine di perseguire gli obiettivi assegnati dalla Regione: l’attività svolta dalle stesse è organizzata imprenditorialmente anche se non persegue lo scopo di lucro deve tendere all’equilibrio economico.

Pertanto alle Unità sanitarie locali ha fatto seguito il concetto di “aziendalizzazione” della salute, e quindi il superamento del ruolo fondamentale dei comuni in quanto depositari delle politiche sanitarie locali.

1) L’atto aziendale

In tale prospettiva, l’atto aziendale di diritto privato rappresenta lo strumento per la formalizzazione dell’autonomia imprenditoriale ed organizzativa di ciascuna azienda per la realizzazione delle finalità proprie, nel rispetto dei principi e criteri emanati dalia Regione (ex articolo 2, comma sexies, del decreto legislativo n. 502/1992 come modificato dall’arti del decreto legislativo n. 168/2000). Il decreto legislativo 502/1992 all’art. 3, comma 1 bis, prevede che l’organizzazione e il funzionamento delle aziende sanitarie siano disciplinate con atto aziendale di diritto privato.

L’atto aziendale costituisce quindi la “carta locale della salute”, cui corrisponde nel Comune lo Statuto comunale.

Le aziende sanitarie sono enti pubblici dipendenti e strumentali della Regione, (il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 le annovera formalmente tra le pubbliche amministrazioni) che utilizzano, per quanto possibile, i mezzi e gli strumenti operativi dell’imprenditore privato al fine di perseguire gli obiettivi assegnati dalla Regione: l’attività svolta dalle stesse è organizzata imprenditorialmente anche se non persegue lo scopo di lucro deve tendere all’equilibrio economico.

In estrema sintesi l’atto aziendale:

  • rappresenta lo statuto locale della salute

  • definisce la propria missione

  • definisce l’ organizzazione

  • specifica le modalità per la valutazione ed il monitoraggio delle prestazioni e dei servizi

2) Il ruolo dei comuni

Ai comuni è stata riconosciuta la competenza alla programmazione, gestione e controllo dei servizi e degli interventi socio-assistenziali (con la legge n. 328/00), mentre le ASL sono state individuale quali strutture del servizio sanitario regionale, e quindi con piena competenza della Regione ad essere responsabile della programmazione, gestione e controllo della politica sanitaria.

Per inciso va ricordato che il concetto di aziendalizzazione è stata esteso anche in sede di riforma delle IPAB, che secondo il d.lgs. 257/01 possono trasformarsi, per l’appunto, in Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona, e quindi rette da un Direttore generale in quanto organo monocratico che risponde solo al Consiglio di amministrazione.

Sul fronte della sanità peraltro, con lo stesso d. lgs. 502/92 il Comune è stato chiamato a far parte di vari organismi, con vari ruoli e competenze..

A livello di distretto sanitario opera il Comitato dei Sindaci, che esprime parere sulle risorse assegnate dalla ASL per la realizzazione del Programma delle attività territoriali.

A livello di ASL è istituita la Conferenza dei sindaci che svolgono i seguenti compiti:

* definizione, nell’ambito della programmazione regionale, delle linee di indirizzo per l’impostazione programmatica dell’attività;

* esame del bilancio pluriennale di previsto e del bilancio di esercizio ed eventuali osservazioni alla regione;

* verifica dell’andamento generale dell’attività, con il contribuire alla definizione dei piani programmatici, trasmettendo le proprie valutazioni al direttore generale dell’ASL e alla regione;

* in caso di manifesta inattuazione nella realizzazione del piano attuativo locale (PAL) la Conferenza dei sindaci può richiedere alla regione di revocare il direttore generale della ASL.

3) Il ruolo dei cittadini

Per ciò che concerne la partecipazione e la tutela dei diritti dei cittadini, ad essa è dedicato uno specifico titolo, in cui sono delineate sia le azioni di tutela che le opportunità di partecipazione.

Viene in particolare disposto che al fine di garantire il costante adeguamento delle strutture e delle prestazioni sanitarie alle esigenze dei cittadini utenti del Servizio sanitario nazionale il Ministro della sanità definisce con proprio decreto, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, i contenuti e le modalità di utilizzo degli indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie relativamente alla personalizzazione ed umanizzazione dell’assistenza, al diritto all’informazione, alle prestazioni alberghiere, nonché dell’andamento delle attività di prevenzione delle malattie.

Nel contesto del provvedimento è stato previsto che le regioni promuovono inoltre consultazioni con i cittadini e le loro organizzazioni anche sindacali ed in particolare con gli organismi di volontariato e di tutela dei diritti al fine di fornire e raccogliere informazioni sull’organizzazione dei servizi.

Tali soggetti dovranno comunque essere sentiti nelle fasi dell’impostazione della programmazione e verifica dei risultati conseguiti e ogniqualvolta siano in discussione provvedimenti su tali materie.

Infine viene disposto che le regioni prevedono forme di partecipazione delle organizzazioni dei cittadini e del volontariato impegnato nella tutela del diritto alla salute nelle attività relative alla programmazione, al controllo e alla valutazione dei servizi sanitari a livello regionale, aziendale e distrettuale.

Di particolare rilievo altresì l’obbligo che fa capo alle Regioni di determinare le modalità della presenza nelle strutture degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti, anche attraverso la previsione di organismi di consultazione degli stessi presso le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere.

Al fine di favorire l’orientamento dei cittadini nel Servizio sanitario nazionale, le Aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere provvedono ad attivare un efficace sistema di informazione sulle prestazioni erogate, sulle tariffe, sulle modalità di accesso ai servizi. Le aziende individuano inoltre modalità di raccolta ed analisi dei segnali di disservizio, in collaborazione con le organizzazioni rappresentative dei cittadini, con le organizzazioni di volontariato e di tutela dei diritti.

Il direttore generale dell’ ASL ed il direttore generale dell’Azienda ospedaliera convocano, almeno una volta l’anno, apposita conferenza dei servizi quale strumento per verificare l’andamento dei servizi anche in relazione all’attuazione degli indicatori di qualità di cui al primo comma, e per individuare ulteriori interventi tesi al miglioramento delle prestazioni. Qualora il direttore generale non provveda, la conferenza viene convocata dalla Regione.

4) La tutela dei diritti

Per ciò che concerne il quadro più problematico della tutela dei diritti, nello stesso articolo è specificato che il direttore sanitario e il dirigente sanitario del servizio, a richiesta degli assistiti, adottano le misure necessarie per rimuovere i disservizi che incidono sulla qualità della assistenza. Al fine di garantire la tutela del cittadino avverso gli atti o comportamenti con i quali si nega o si limita la fruibilità delle prestazioni di assistenza sanitaria, sono ammesse osservazioni, opposizioni, denunce o reclami in via amministrativa, redatti in carta semplice, da presentarsi entro quindici giorni dal momento in cui l’interessato abbia avuto conoscenza della atto o comportamento contro cui intende osservare od opporsi, da parte della interessato, dei suoi parenti o affini, degli organismi di volontariato o di tutela dei diritti accreditati presso la regione competente, al direttore generale della unità sanitaria.

La presentazione delle anzidette osservazioni ed opposizioni non impedisce ne preclude la proposizione di impugnative in via giurisdizionale.

5) Il ruolo del volontariato

Viene favorita la presenza e l’attività, all’interno delle strutture sanitarie, degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti. A tal fine le Aziende sanitarie locali e le Aziende ospedaliere stipulano con tali organismi, senza oneri a carico del Fondo sanitario regionale, accordi o protocolli che stabiliscano gli ambiti e le modalità della collaborazione, fermo restando il diritto alla riservatezza comunque garantito al cittadino e la non interferenza nelle scelte professionali degli operatori sanitari; le aziende e gli organismi di volontariato e di tutela dei diritti concordano programmi comuni per favorire l’adeguamento delle strutture e delle prestazioni sanitarie alle esigenze dei cittadini. I rapporti tra aziende ed organismi di volontariato che esplicano funzioni di servizio e di assistenza gratuita all’interno delle strutture sono regolati sulla base di quanto previsto dalla legge 11 agosto 1991, n. 266, e dalle leggi regionali attuative.

6) Le ulteriori sedi di partecipazione

Nel corso degli ultimi anni, secondo un percorsi caratterizzato da sperimentazioni e da innovazioni, sono state peraltro individuate altre modalità di partecipazione dell’utente-cittadino al Servizio sanitario nazionale.

Una sommaria analisi della normativa esistente porta ad individuare le seguenti sedi di riferimento:

Ufficio relazioni con il pubblico

L’Ufficio per le relazioni con il pubblico assicura la funzione relativa alla comunicazione con gli utenti, sviluppando in modo esauriente l’informazione sulle prestazioni sanitarie e le relative modalità di accesso. Verifica la percezione della qualità delle prestazioni erogate individuando, per tale finalità, idonei ed adeguati strumenti. In particolare l’U.R.P. acquisisce le osservazioni e i reclami presentati dai cittadini, li segnala ai Dirigenti competenti e provvede a dame tempestivo riscontro agli utenti. Raccoglie, classifica e archivia le segnalazioni e gli esposti in un’apposita banca dati e predispone, con cadenza trimestrale, una relazione al direttore generale sulle segnalazioni e su reclami pervenuti e sull’esito degli stessi. Detta relazione è accompagnata da proposte per il miglioramento degli aspetti organizzativi, logistici, relazionali e di accesso alle prestazioni, nonché, per il superamento dei fattori di criticità emersi. L’azienda garantisce che l’Ufficio Relazioni con i! Pubblico sia organizzato avvalendosi di personale appositamente formato, prevedendo anche la possibilità, in relazione al tipo di utenza presente sul territorio, di mediatori culturali per gli assistiti di diverse etnie.

L’U.R.P. cura i rapporti con le Associazioni di Volontariato, )e Associazioni di tutela dei cittadini.

L’URP dovrà periodicamente trasmettere alla Regione i dati relativi al monitoraggio del grado di partecipazione e di soddisfazione dell’utenza.

  1. Audit civico

L’Audit civico rappresenta uno degli strumenti primari per la partecipazione da parte dei cittadini alle politiche sanitarie aziendali. E’ infatti una metodologia per promuovere la salutazione della qualità delle prestazioni delle aziende sanitarie locali e ospedaliere dei cittadini. Il processo di Audit civico si basa sull’analisi critica e sistematica delle azioni svolte dalle aziende, attraverso l’utilizzo di uno strumento metodologico che comporta la definizione di indicatori tramite la co-progettazione tra cittadini e referenti aziendali delle modalità di raccolta di tali dati. I dati forniti dalla rilevazione degli indicatori verranno confrontati con le informazioni tratte da altri sistemi di monitoraggio delle strutture e dei servizi, (per esempio accreditamento, le segnalazioni dei cittadini, anche attraverso la documentazione riguardante delibere e provvedimenti aziendali, le liste di attesa, interviste alfa direzione generale e sanitaria; consultazione delle organizzazioni civiche).

  1. Conferenza dei servizi

In genere è previsto che il direttore generale indice, almeno una volta l’anno, una Conferenza dei servizi, rendendo noti i dati relativi all’andamento dei servizi, allo stato di attuazione degli obiettivi, al grado di raggiungimento degli standard con particolare riferimento allo svolgimento delle attività di tutela degli utenti.

Alla conferenza dei servizi partecipano anche i rappresentanti delle associazioni che hanno stipulato convenzioni o protocolli d’intesa con l’azienda. Qualora il direttore generale non provveda la conferenza viene convocata, previa diffida, dalla Regione.

c ) Consulta sanitaria

La Consulta Sanitaria:

  • fornisce contributi per la programmazione sanitaria e socio sanitaria;

  • elabora proposte finalizzate al miglioramento della qualità e della umanizzatone dei servizi;

  • favorisce la partecipazione consapevole degli utenti e delle forze sociali attraverso dibattiti ed altri mezzi adeguati;

  • promuove programmi di educazione sanitaria e collabora alla pubblicizzazione ed alta conoscenza per la corretta utilizzazione, da parte dell’utenza, dei servizi e delle prestazioni sanitarie;

  • promuove iniziative volte alla attivazione di sistemi di informazione sulle prestazioni erogate, sulle tariffe e sulle modalità di accesso;

  • promuove progetti di indagine di gradimento, nonché, programmi di ricerca sugli eventi avversi ed sulle criticità nell’erogazione dei servizi;

  • partecipa alla conferenza dei servizi di cui all’articolo 14, comma 4, del d.lgs. 502/92

La Consulta Sanitaria è costituita da:

  • Il direttore sanitario o suo delegato;

  • I direttori di distretto (per le sole Aziende USL);

  • Un rappresentante per ciascun municipio (per le Aziende insistenti sul territorio del comune di Roma), o da 4 rappresentanti delle Conferenze locali della sanità (per le Aziende insistenti sui territori provinciali) designati dalie rispettive Conferenze locali per la sanità; per le Aziende USL; un rappresentante del Comune di Roma per le Aziende Ospedaliere;

  • Un funzionario regionale competente in materia sanitaria e socio sanitaria (designato dall’Assessore alla Sanità)

  • 2 rappresentanti di organismi di volontariato maggiormente rappresentativi nell’Azienda;

  • 2 rappresentanti di organismi di tutela dei diritti dei cittadini maggiormente rappresentativi nell’Azienda;

  • II responsabile dell’Ufficio relazioni con il pubblico.

5.LA PARTECIPAZIONE NEI SERVIZI SOCIALI

Con la legge n. 328/00 si è in effetti sancito il principio della partecipazione dei cittadini e delle loro espressioni organizzate nel contesto della costruzione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali.

Detta partecipazione per la prima volta si è concretizzata anche in una sua più pertinente collocazione nella prospettiva della concertazione, intesa come metodo di governo fondato sul confronto permanente fra le istituzioni e le organizzazioni sociali interessate e titolate a partecipare.

Si determina quindi uno scenario assolutamente diverso rispetto al passato: la società civile e la sua rappresentanza organizzata si pone in condizioni di parità e di interlocuzione autorevole nel confronti delle istituzioni e comunque degli enti preposti alla realizzazione del sistema dei servizi sociali.

Tale riconoscimento della concertazione è legata alla stagione delle rinnovate politiche di welfare avviate con l’accordo fra il Governo e le Organizzazioni sindacali del novembre 1997, e che ha portato, fra gli impegni alla necessità della riforma del welfare.

La legge 328/00 individua infatti il principio della concertazione e cooperazione fra i diversi livelli istituzionali e fra questi ed i soggetti del terzo settore e con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

Il concetto di concertazione, peraltro, richiede una adeguata preparazione e capacità di rappresentanza degli interessi collettivi di cui i cittadini organizzati sono portatori, e sotto tale aspetto occorre rilevare che tutte le Regioni che hanno recepito la legge 328/00 hanno considerato nel giusto rilievo la partecipazione e la concertazione.

Particolarmente significativa ed importante è stato quindi il ruolo della partecipazione nella elaborazione e nella costruzione dei Piani di zona.

Nel quadro del rilancio della partecipazione, la legge n. 328/00 ed il susseguente Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali (che risale al 2001, e non è stato più aggiornato) particolarmente importante è il principio della programmazione partecipata, che va espressa sia a livello di elaborazione ed approvazione dei Piani regionali sociali, sia attraverso la elaborazione e approvazione dei Piani di zona sociali.

  1. Le sedi della partecipazione: il Piano di Zona e l’Ufficio di piano

Pertanto il Piano di zona rappresenta lo strumento attraverso il quale i Comuni, secondo gli assetti territoriali adottati per la gestione dei servizi sociali, con il concorso di tutti i soggetti attivi nella progettazione, disegnano il sistema integrato di interventi e servizi sociali, con riferimento:

  • agli obiettivi strategici;

  • agli strumenti realizzativi;

  • alle risorse da attivare.

Spetta ai Sindaci, titolari della responsabilità politica istituzionale, l’indicazione specifica degli obiettivi strategici e la definizione delle priorità d’intervento sul territorio.

Pertanto il Piano di Zona è lo strumento con cui ciascuno concorre nel costruire, nel rispetto delle proprie peculiarità e del proprio mandato istituzionale, le condizioni ottimali per il raggiungimento di quello che è stato individuato come obiettivo comune.

La programmazione strategica e partecipata costituisce l’asse portante nella definizione dei Piani di Zona che divengono, tramite l’accordo di programma, vere e proprie forme di integrazione istituzionale che andranno poi a confluire in forme di integrazione gestionale e professionale.

Nel contesto della elaborazione ed approvazione del Piano di zona, è fondamentale l’istituzione dell’Ufficio di piano, che ormai è presente in tutte le realtà regionali e costituisce la sede strategica in cui avviene l’incontro fra le istituzioni e la società civile per procedere, mediante il metodo della concertazione, alla definizione della programmazione triennale e della pianificazione annuale degli interventi e dei servizi sociali nell’ambito sociale di riferimento.

  1. La partecipazione nei servizi

Un particolare sviluppo della partecipazione dei cittadini in quanto utenti dei servizi sociali, oltre che nelle sedi istituzionali preposte alla programmazione, gestione e controllo del sistema locale dei servizi sociali si è determinato in occasione della emanazione, da parte delle Regioni delle disposizioni relative all’autorizzazione ed all’ accreditamento dei servizi sociali, con particolare riferimento ai servizi residenziali e semiresidenziali.

Pertanto nelle RSA, nelle case di riposo, sono previsti comitati degli utenti e delle loro famiglie con il compito sia di verificare l’andamento dell’attività assistenziale, sia di avanzare proposte e rilievi.

Alcune Regioni, in occasione della legge regionale di recepimeno della normativa statale sulle IPAB, trasformate in Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona, hanno individuato l’obbligo che nello Statuto siano indicate le modalità di partecipazione degli utenti.

6. CARTA DEI SERVIZI

La Carta dei servizi e il patto con cui chi eroga un determinato servizio o prestazione si impegna nei confronti del cittadino/utente. I destinatici della Carta dei Servizi sono pertanto tutti coloro che intendono utilizzare quei servizi o godere delle prestazioni offerte.

E’ obbligatoria per le Aziende sanitarie e per i soggetti gestori dei servizi sociali, è deve essere scritta in modo comprensibile a tutti e contenere le informazioni che permettano all’utente di conoscere quali prestazioni e servizi l’azienda si impegna ad erogare, ma, anche in che quantità, in che modo e con quali impegni di qualità.

Deve anche indicare il responsabile del servizio a cui potersi rivolgere per ottenere il rispetto degli impegni dichiarati e devono anche essere indicate le modalità per potere presentare ricorso, per ricevere risposta e cosa può fare il cittadino/utente se il suo reclamo dovesse essere respinto.

La Carta dei servizi si configura quindi come patto tra le strutture erogatrici dei servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali, ed i cittadini, e quale solenne esposizione degli impegni presi con l’utenza.

La Carta è redatta con la consultazione delle categorie professionali e delle associazioni di tutela e di volontariato rappresentative del collettivo dell’utenza, e quindi si configura quale atto amministrativo complesso, e quindi risultante del processo di consultazione di cui deve esistere testimonianza e verbali in grado di documentare il contributo dei partecipanti.

I principi a cui riferirsi, in genere, sono i seguenti

– imparzialità nell’erogazione delle prestazioni e uguaglianza del diritto all’accesso ai servizi;

– piena informazione dei cittadini utenti sui servizi offerti e le modalità di erogazione degli stessi;

– definizione di standard e assunzione di impegni da parte dell’amministrazione locale rispetto alla promozione della qualità del servizio e alla determinazione di modalità di valutazione costante della qualità stessa;

– organizzazione di modalità strutturate per la tutela dei diritti dei cittadini;

– ascolto delle opinioni e dei giudizi, sulla qualità del servizio, espressi dai cittadini direttamente o tramite le Associazioni che li rappresentano attraverso modalità e strumenti di partecipazione e coinvolgimento.

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