| #54 | Bologna | 21 marzo 2025
Cara lettrice, caro lettore,
oggi è la giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale.
Si celebra ogni anno dal 1966, quando venne istituita dalle Nazioni Unite.
La data del 21 marzo ricorda il massacro di Sharpeville, avvenuto il 21 marzo 1960: uno degli episodi più cruenti dell’apartheid sudafricana, che vide l’uccisione da parte delle forze di polizia di sessanta manifestanti di colore che protestavano contro discriminazioni razziali al tempo stabilite per legge.

Oggi sappiamo dalla scienza che la razza non esiste, nel senso che esiste una sola specie del genere Homo, per l’appunto Homo Sapiens.
Ma nonostante questa realtà oggettiva la parola razza ciclicamente ritorna. Vuoi come «parola disumana», per giustificare atteggiamenti odiosi come il razzismo; vuoi come rivendicazione delle umane differenze che sentiamo il bisogno di nominare per conoscere e descrivere la realtà (e allora ci si domanda: con quali parole?).
Al «ritorno» della parola razza quest’anno abbiamo dedicato due libri diversi.
Quello del linguista Lino Leonardi, Razza, preistoria di una parola disumana; e quello dello storico Andrea Grasiosi, Il ritorno della razza. Le radici di un grande problema contemporaneo.
Il primo ricostruisce l’etimologia di una parola «da sempre maledetta». Il secondo studia come cambia il suo significato nella storia (la «credenza» nella razza nelle diverse epoche e nelle diverse società) e si chiede quali siano i bisogni nascosti nel suo eterno ritorno.
1. Sull’etimologia della parola razza

La parola razza, con il suo derivato razzismo, non è una parola neutra. Evoca il genocidio perpetrato dal nazismo e dal fascismo, il ripudio dell’identità umana in nome della pretesa identità razziale. Evoca l’apartheid sudafricano, il segregazionismo americano, e tanti altri atti di violenza organizzata nel corso del Novecento.
Riemerge brutalmente in questo secolo anche in Europa e in Italia, nella società civile e nella politica che ne è lo specchio, per giustificare il contrasto dei migranti nelle sue forme più disumane. È una parola comune e, con le differenze dovute all’adattamento fonetico, è presente in quasi tutte le lingue occidentali.
Non tutti sanno però che la prima documentazione della sua esistenza e del suo uso la troviamo in Italia alla fine del Duecento, l’epoca di Dante. Nelle altre lingue europee arriva molto più tardi, dal Quattrocento in poi, in seguito alla diffusione della parola italiana. Qual era il suo significato allora? E quale la sua origine, la sua etimologia?
Su questi interrogativi hanno discusso nel corso del Novecento linguisti e filologi alla ricerca di una spiegazione, mossi spesso anche dall’esperienza del razzismo vissuta in prima persona. La soluzione al problema è emblematica: razza deriva da una parola dell’antico francese, haraz, legata esclusivamente al mondo dei cavalli, a indicare la mandria di stalloni e giumente riuniti per la procreazione.
Razza è un termine che si applicava dunque in primo luogo agli animali, non agli uomini. Misteriosamente, la scoperta dell’origine profonda della parola viene a coincidere con i risultati più aggiornati della ricerca genetica e antropologica, che negli ultimi decenni ha definitivamente negato l’applicabilità del concetto di razza all’interno del genere umano.
Eppure sempre più spesso dobbiamo sentire quella parola pronunciata impropriamente, in riferimento a uomini e donne, in Italia e in Europa, come pretesto e quasi come emblema per la politica della nuova destra sovranista.
[Dalla Premessa, pp. 9-11]

2. Sull’eterno ritorno della «parola maledetta»

Il ragionamento dello storico Andrea Graziosi parte sempre dal «ritorno» della parola razza, ma conclude che una delle sue ragioni sta nel fatto che l’antirazzismo del dopoguerra (in cui si colloca ad esempio la genesi di questa giornata internazionale) non ha risolto i problemi: perché oggi la razza ritorna sottoforma di rivendicazione dei subordinati e perché anche abolendo la parola non siamo d’accordo su come nominare la differenza tra esseri umani.
Qui l’intervista a Graziosi ospite della Macina #45
Qui sotto la sua video intervista, per la nostra rubrica «Ragionando di»:


|