Claudio Risè, Disprezzo per l’impresa e disoccupazione crescente

Perché, però, in Italia moltissimi giovani, malgrado le loro diverse aspirazioni, finiscono con l’impegnarsi in professioni inflazionate rispetto alle necessità di oggi, come la pletora di avvocati (se ne occupa ora Severino), psicologi, ed altre occupazioni a difficile impiego, trascurando invece le richieste del mercato del lavoro?

La ragione principale è di tipo psicologico e culturale: la società italiana è rimasta ancora per certi versi “classista”. E’ infatti tuttora convinta che l’operaio o il tecnico “valgano” culturalmente ed economicamente molto meno di laureati o diplomati che possono accedere a impieghi e libere professioni dotate di prestigi passati e suggestioni recenti. Peccato che quelle formazioni siano ormai in eccesso (come mostrano le statistiche internazionali), rispetto alle esigenze di una moderna società industriale e di servizi. Dove si richiedono, ad esempio (lo conferma il rapporto Unioncamere), operai della meccanica specializzata, tecnici della sanità e dei servizi socio assistenziali, ingegneri e tecnici informatici.

Poche di queste figure professionali vengono formate in corsi di laurea. Servirebbero invece corsi professionali e di formazione tecnica ben fatti, dotati degli strumenti necessari a preparare accuratamente gli studenti e del prestigio che meritano nella società di oggi. In Italia però tutto ciò manca, cominciando dal prestigio, perché il modello culturale del Paese considera da sempre queste formazioni come di “serie B”. Mentre la serie A sono le lauree destinate all’impiego nello Stato, in banca, o in libere professioni (a loro volta dedicate in gran parte ai rapporti con lo Stato, o le banche. Le imprese sono assenti da questo universo burocratico).

Questa visione sprezzante verso l’impresa e chi vi lavora nei suoi diversi ambiti è stata sostenuta un po’ da tutti, ma con particolare impegno dalle forze politiche che più esplicitamente si dichiaravano a favore dei “lavoratori”. Forse pensavano a quelli di mezzo secolo fa, ma nel frattempo la società è cambiata ovunque.

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