….. si muore, ad Oriente ed a Occidente, nel passato e nel presente. Chi per una causa, chi per un’altra. E, una volta morti, alcuni, che tendenzialmente dovrebbero essere i cari del defunto, si prendono cura della salma, seguendo ognuno quanto la religione, le tradizioni, la legge e non in ultimo il buon senso suggeriscono. Nemmeno si può dire, tuttavia, che nel nostro Occidente tutto avvenga nella stessa maniera. Numerosi sono infatti i modelli della ritualità dell’ultimo saluto (Favole, 2003): dalla cremazione Nordeuropea fino alla tumulazione classicamente cattolica dell’Europa mediterranea, passando attraverso le tanatoprassi ed i cocktail death party suggeriti dal marketing degli Stati Uniti tesi a negare lo scandalo della morte, quasi incentrati a far finta che nulla sia successo. E il Giappone d’oggi?Il regista Yojiro Takita, nel suo recente Departures, parla proprio di questo. Della storia di una società, di una nazione (un impero, piacerebbe forse dire a Tanizaki) che sembra non voler più fare i conti con la morte, adattandosi al gusto occidentale della negazione. Departures è la storia di un tanatoesteta che veste e trucca i cadaveri prima della cremazione, ed è la storia del cordoglio misurato che le sue pratiche rituali riescono a trasportare in un ambiente familiare che ha ancora la forza di non avere paura della morte, che ha ancora la forza di sorridere garbatamente davanti ad un cadavere, di accettare quest’ultimo per quello che è. Perché la morte è una cosa normale, e che sia triste e che abbia bisogno di essere negata e allontanata siamo stati noi a deciderlo, dalle nostre parti, da quattro o cinquecento anni.
l’intero articolo qui:
Livio Santoro Departures e altre storie intorno a una cosa così normale come la morte, in quaderni d’altri tempi
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