i giornali assumono posizioni sempre un po’ ambigue o improntate a rispettosa prudenza quando, scrivendo di islam, esitano a chiamare le cose con il loro nome, mentre sono solitamente rapidissimi quando devono dare del “razzista” o dello “xenofobo” a chi, da noi, sottolinea i pericoli di quella cultura. Lunedì, per esempio, lo stesso Corriere della Sera ha pubblicato un’infografica per spiegare che cos’è l’università Al-Azhar. Sulla destra c’erano tre piccole fotografie, corredate da didascalia, che raffiguravano “ex studenti” dell’università. Un trionfo dell’eufemismo: i tre studenti sono Mohamed Amin Al Husayini, “mufti di Gerusalemme, leader palestinese e grande oppositore del sionismo”, lo sceicco Ahmed Yassin “cofondatore di Hamas” e Hassan Al Banna, “fondatore dei Fratelli musulmani”. Ora, il primo non era solo un “leader palestinese” e un “grande oppositore del sionismo”, ma fu un feroce antisemita, alleato dei nazisti e convinto sostenitore dell’eliminazione fisica degli ebrei, tanto che, se non fosse stato arabo ma tedesco e se non fosse riuscito a fuggire in Egitto dove avrebbe rinvigorito l’antisemitismo islamico con il suo “esempio”, in Europa sarebbe stato incriminato come criminale nazista a Norimberga. Dire del secondo che “ha fondato Hamas” e basta fa sembrare lui una specie di Baden Powell e Hamas un’organizzazione di boyscout. Allo stesso modo i “Fratelli musulmani” di Al Banna non sono una confraternita tipo i carmelitani scalzi, ma i progenitori del moderno fondamentalismo islamista che si traduce anche in quel terrorismo musulmano che ora fa strage di cristiani in Egitto e altrove. E’ come se, per parlare di Adolf Hitler, scrivessero: “Noto vegetariano e animalista, sostenitore del pangermanesimo e fautore di un’Europa unita”.