Il decreto dignità si sta rivelando un boomerang. Il primo provvedimento legislativo del governo Conte aveva l’obiettivo di dare un posto fisso a molti lavoratori, incentivando la conversione dei contratti a termine in contratti a tempo determinato. Ma i primi dati della riforma sugli effetti sull’occupazione sono disastrosi. Il mese di agosto 2018 ha registrato un calo, rispetto allo stesso periodo del 2017, sia dei nuovi contratti a tempo determinato, sia delle assunzioni a termine, sia degli assunti con un contratto di somministrazione (oltre 40 mila posti di lavoro persi). Non sono ancora disponibili i numeri ufficiali del mese di settembre, ma le prime indiscrezioni trapelate dai corridoi del ministero del lavoro vanno nella direzione di un consolidamento di questo trend negativo. E se è vero che il numero delle trasformazioni dei contratti a tempo determinato ha visto una crescita nel dato di agosto 2018 rispetto ad agosto 2017, questo non si può ascrivere agli effetti del decreto dignità, perché non è nient’altro che la conferma della tendenza che ha caratterizzato tutti i precedenti mesi dell’anno in corso.
È comunque già evidente che una trasformazione in massa dei contratti a termine in tempo indeterminato non c’è stata e non ci sarà.
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