“Eh, la mia vita… bisognerebbe scriverci un libro!”
Quante volte ho ascoltato questa frase,durante i colloqui o negli incontri di gruppo dove familiari che si prendono cura di un malato diAlzheimer danno libero sfogo alle loro vicissitudini.E perché non provarci, forse non per arrivarealla stesura di un romanzo, ma almeno per focalizzare tracce importanti della propria storia?
Questo uno dei motori di avvio di Intime erranze, ma ce ne sono altri.
Fra i quali il desiderio di descrivere un’esperienza particolare nell’ambito di una tematica, quella della demenza, che oggi vede una proliferazione continua di studi, ricerche, testi, romanzi, saggi, film al punto da provare la sensazione che “ormai si è detto tutto”.
In primo luogo è necessario precisare il significato di quell’erranza che già nel titolo e nell’indice sta ad indicare un percorso circolare che inizia nella fase drammatica della comunicazione di una diagnosi devastante (l’Alzheimer, appunto) e si conclude in una visione di maggior fiducia in sé stessi, perché le esperienze negative che accadono nella vita possono insegnare che è possibile rialzarsi in piedi dopo una caduta.
La metafora del percorso prende il nome di Viaggio dell’Eroe (traendo spunto dall’opera di Joseph Campbell “L’eroe dai mille volti”) e offre una prospettiva denotata da tappe specifiche in cui succede qualcosa.
Perché quando una malattia come la demenza arriva in famiglia, tutto si scompagina e la consueta ordinarietà si trasforma in stra-ordinarietà di eventi, organizzazione, modalità relazionali, comprensione della malattia, risposte sul da farsi.
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