il voto al PCI negli anni ’80

Negli anni ’80 il Partito Comunista Italiano (PCI) visse una fase di progressiva marginalizzazione politica rispetto al suo apice degli anni ’70.

Nel 1976 il PCI aveva raggiunto il massimo storico del consenso elettorale con il 34,4% dei voti, risultando il secondo partito più grande d’Italia dopo la Democrazia Cristiana (DC)1 2.

Tuttavia, negli anni ’80 il partito subì una serie di sconfitte politiche e una perdita di presa sulla propria base sociale, soprattutto operaia, a causa di fallimentari strategie politiche, la crisi della “via italiana al socialismo” e la concorrenza del Partito Socialista Italiano (PSI) guidato da Bettino Craxi, che pur avendo un bacino elettorale più piccolo, riuscì a soppiantare il PCI in alcune gerarchie della sinistra istituzionale3.

Alle elezioni europee del 1984, il PCI ottenne un risultato significativo superando brevemente la DC con il 33,33% contro il 32,97% dei consensi, ma questo non si tradusse in una crescita duratura1 4.

Nelle elezioni politiche del 1983, il PCI rimase ancora la seconda forza politica, ma con un distacco dalla DC ridotto a soli tre punti percentuali, un risultato storico per la competizione tra i due partiti storici, anche se la coalizione di governo del pentapartito mantenne la maggioranza assoluta grazie al rafforzamento del PSI e di altri partiti minori6.

In sintesi, il voto al PCI negli anni ’80 si caratterizzò per una sostanziale tenuta elettorale, ma anche per una progressiva perdita di centralità politica e sociale, con un partito che non riuscì a rinnovarsi efficacemente e a contrastare la crescita dei socialisti e le trasformazioni della società italiana in quegli anni3 5.

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