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Cinquanta anni fa
Martedì 8 dicembre 1970. Nella notte, a Roma, migliaia di cospiratori si preparano al colpo di Stato. Sono fascisti, militari, mafiosi, uomini dei servizi segreti e della P2. L’operazione ha due nomi in codice: «notte della Madonna» o «notte di Tora Tora», in ricordo dell’attacco giapponese a Pearl Harbor il 7 dicembre di 29 anni fa. Il piano prevede: presa dei ministeri dell’Interno e della Difesa; sequestro del presidente della Repubblica Giuseppe Saragat; assassinio del capo della polizia Angelo Vicari; occupazione della Rai; arresto e deportazione di sindacalisti, dirigenti e dei parlamentari della sinistra in Sardegna. Junio Valerio Borghese, 64 anni, detto «il principe nero», ex comandante della Xª Mas, già condannato a dodici anni per aver collaborato con i nazisti durante la guerra, poi liberato con l’amnistia di Togliatti, ha già pronto un proclama da leggere agli italiani in televisione. «Italiani, l’auspicata svolta politica, il lungamente atteso colpo di stato ha avuto luogo. La formula politica che per un venticinquennio ci ha governato, e ha portato l’Italia sull’orlo dello sfacelo economico e morale ha cessato di esistere». Eppure, a un certo punto, Borghese dà l’ordine di fermarsi. Nessuno ha capito cosa sia successo. Sembra che militanti di estrema destra fossero entrati nell’armeria del ministero dell’Interno, si fossero impossessati di armi e munizioni e le avessero già distribuite ai congiurati. Sembra che due generali a riposo dell’Aeronautica, Giuseppe Casero e Giuseppe Lo Vecchio, fossero già pronti al ministero della Difesa e che 187 uomini della guardia forestale stessero per entrare negli studi della Rai. Forse, nel cuore della notte, i congiurati hanno temuto che tra loro vi fossero infiltrati dei servizi segreti. Fatto sta che il golpe è rimandato. Stamattina gli italiani si svegliano ignari di tutto.
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